Riccardo, mio figlio, il mio insegnante

di Cristina Farina

 

Sono passati 15 anni, ricordo ancora le splendide esperienze trascorse quando Riccardo frequentava l’asilo nido.

Aveva pochi mesi quando lo lasciai per la prima volta alle cure di tre ragazze giovani ma determinate.

Io ero molto spaesata, impaurita e con enormi sensi di colpa.
Ricordo ancora tutte le emozioni che mi attraversavano quando lo accompagnavo e quando tornavo a riprenderlo. La restituzioni di qualità che mi facevano delle attività che lui svolgeva. Come si relazionava con gli adulti ed i compagni.

Ricordo ancora il colloquio di congedo, dove mi fecero notare l’enorme risorsa che Riccardo possiede: la creatività.
Riccardo aveva tre anni, già qualcuno aveva saputo leggere la sua più grande risorsa. Quanta cura in quella prima esperienza “fuori casa”.

Quanto avevo imparato da incontri e laboratori “So_stare nel conflitto”, quanto ero cresciuta!

Il primo grande insegnamento: la scuola materna, dalla cura e dall’osservazione alle imposizioni, alle prime enormi richieste di prestazioni, da parte di insegnanti ed istruttori. Eh si, perché oltre alla scuola si dovevano anche inserire delle attività ricreative.

Tante pressioni, troppe. Le sentivo, ma non riuscivo a comprendere come uscirne, mi aspettavo supporti e conferme dall’esterno, dagli altri genitori, dai miei genitori.

Niente.

Mi sentivo totalmente confusa e sola, dopo la prima splendida esperienza dell’asilo nido, dove prendersi cura, confronto, formazione ed informazione la facevano da padrona, alla follia della prestazione a tutti i costi.

L’elenco delle scuole che Riccardo ha frequentato è alquanto sostanzioso. A fatico trovavo quella che mi convincesse e sostenesse nelle mie infinite incertezze.
Ora Riccardo ha 18 anni, ha finalmente scoperto che la creatività è effettivamente la risorsa con la quale vuole sperimentarsi.

Quanta fatica ha dovuto fare in tutti questi anni, per cercare di farsi ascoltare!

Aveva quattro anni, ero totalmente desolata, non riuscivo a capire perché non gli piacesse la scuola materna che frequentava. Durante l’estate che era appena trascorsa, lo accompagnavo ad un asilo estivo, si divertiva, gli piaceva, andava ed era felice.

“Riccardo, mi dici perché qui no e la si?!!!”

“Mamma,
la

si GIOCA

si MANGIA

si LAVORA

qui

si LAVORA

si MANGIA

si GIOCA”.

Che doccia fredda. Nella mia totale confusione non riuscivo nemmeno a vedere ciò che realmente contava per mio figlio!

Tutta questa tiritera per dire che Virus o non Virus, i figli sono qui anche per mostrarci la strada. Se siamo centrati, insieme faremo delle splendide scampagnate. Diversamente il rischio è di perdersi in mezzo ai rovi.

Se avete notato, nel raccontare mio figlio, in realtà ero IO il soggetto, con le mie paure e le mie incertezze.

Lui dov’era?! Loro dov’erano?!

Eh si, perché nel frattempo era nata anche Costanza!

Ho intuito che forse avevo bisogno di fare chiarezza per poter dare ai miei figli quella serenità e quella stabilità che, almeno in famiglia è sacro trovare. Ancora oggi proseguo il mio allenamento all’equilibrio ed ho smesso di chiedere massivamente aiuto dall’esterno.

Ho individuato contesti e persone con le quali posso confrontarmi e crescere.

ParentAbility è una delle opportunità che ho colto. Mi ero così abituata a delegare totalmemte all’esterno, che non sapevo più sentire cosa fosse buono per me e per i miei figli.

Equilibrio tra dentro e fuori, tra interno ed esterno. Ecco quello che mi sta portando questo “fermo”. Prima “troppo fuori” ora “troppo dentro”.

Cosa è cambiato?

Praticamente nulla, sempre di eccesso si tratta, sempre in assenza di buon senso e di ascolto di se.

Cosa ci muoveva prima? Cosa ci muove ora?

Sempre di comandi esterni si tratta.

Dov’è il rispetto di noi e del nostro più intimo sentire?

I bambini quel contatto ce lo hanno ancora, ecco perché spesso non vengono interrogati e vengono magari dimenticati. E da qui mi viene una provocazione; chiediamo indicazioni a loro, invece che “al governo”.

Perché proprio da loro a volte arrivano le risposte pratiche e risolutive.
Loro sono ancora liberi dalle nostre gabbie, meno contaminati, e se sappiamo ascoltare profondamente, a volte loro sanno trovare risposte e soluzioni reali.
Piccole, ma reali, pratiche e reali.

Impariamo anche dai bambini, impariamo ad ascoltarli profondamente, ad osservarli con occhi trasparenti.
Guardiamoli! A volte, sono loro ad indicarci una direzione… a noi adulti poi decidere di prenderla.

Se non ricordo male, ce lo diceva anche QUALCUNO che 2020 anni fa ha cercato di fornirci delle INDICAZIONI.

Se lo avessi scoperto prima, quanto dolore avrei risparmiato a me, ma soprattutto a loro. Rispettiamo questo fermo, diamogli la giusta contestualizzazione.

Agiamo con equilibrio e chiediamo il loro punto di vista per trovare delle soluzioni creative! In questo loro sono maestri!

Andiamo oltre … prendiamo il mondo in prestito dai nostri nipoti!

FELICE RI_PROGETTAZIONE A TUTTI e se vuoi parlarne con me, sono felice di esserci per te!

 

Cristina Farina
Architetto, Professionista olistico

UFFA,CHE NOIA!
e la forza dell’Amore

di Patrizia Garneri

Uffa che noia, non so cosa fare, voglio uscire, andare a giocare ma non posso perché c’è il virus…..
E il bimbo si chiude, diventa triste e serio, diventa nervoso, non riesce a trovare la sua dimensione, non riesce ad esprimere la sua natura. Piuttosto litiga con suo fratello\sorella, si prendono per i capelli, la confusione regna, agitazione, nervosismo …

Siamo stati presi alla sprovvista, non siamo stati capaci di decodificare le conseguenze di un evento che come un fulmine è arrivato ad illuminare il cielo che è diventato subito nero…
Le conseguenze ricadono su tutti, sebbene nel mio vedere, in una situazione di emergenza come questa, penso sia stato scelto il minore dei mali .

I bambini come i depressi, le vittime di violenza, gli anziani, i disabili e tanti altri e comunque in qualche forma tutti, viviamo questo stato di sofferenza che è la mancanza di libertà. Siamo stati privati di tante cose, di tante espressioni, delle nostre abitudini, delle nostre sicurezze e di tante fughe….

Anche i bambini…. Si ritrovano a vivere in un mondo ristretto, fatto di mura della stanza, stanza salotto cucina, stanza salotto cucina terrazzo e per i più fortunati si aggiunge il giardino.

E poi ci sono i bambini siriani…..

E’ una grande prova: la parte più difficile è riservata ai genitori, combattuti tra l’amore infinito per i loro i figli e ciò che stanno subendo a causa della quarantena. Sono loro che hanno il ruolo del dare direzione, del suggerire, del mostrare e quindi Insegnare ai loro bimbi come tirare fuori il meglio da sé, come resistere come farcela, come avere il coraggio per affrontare una situazione dove anche loro sono protagonisti.

E’ un grande insegnamento: dare valore ad ogni singola rinuncia, ad ogni stare; sottolineare il valore di una vita, il valore di una professione. Insegnare la capacità di esserci in una situazione di emergenza: oggi è una pandemia, domani per quel bimbo potrà essere un problema al lavoro, in famiglia o in qualsiasi altro ambito.
Stare ed esserci…

E’ durissima per noi genitori che non siamo capaci di stare, che non siamo più capaci di riconoscere l’importanza vera di un gesto, che non siamo capaci di dire di no e di lasciare che sia proprio lui, il nostro grande amore a trovarsi una soluzione da solo.
Ci siamo abituati a risolvere, a dare soluzioni, perché facciamo prima, perché ci dispiace vederli tribolare. Siamo costantemente indirizzati dal richiamo del fare, quel fare che si traduce in impegni. Portare il nostro bimbo a calcio a danza, a scherma, a ginnastica, alla festa di compleanno a musica, al dopo scuola a… E’ durissima perché i nostri bimbi stanno\sono poco con noi.

Non sono con il visetto appoggiati sull’asse da stiro a chiedere mamma cosa faccio?… e a sentirsi rispondere ” Ascoltati e scopri cosa ti piacerebbe fare” scopri nel tuo mondo interiore, disegna costruisci con la tua fantasia… Metti la coperta tra due seggiole, fai la tua capanna e dentro porta il tuo mondo, trova il tuo coraggio, trova il tuo eroe, combatti il drago e escine vincitore. Travestiti, pensa ai tuoi sogni, immagina con la tua fantasia la strada che un giorno (…non sarà così lontano), potrai e vorrai intraprendere, quella strada che avrai già visto tante volte nei tuoi giochi, nei tuoi sogni ti sarà facile riconoscerla e combatterne tutte le avversità. I draghi li avrai già sconfitti mille volte.

Forza bimbo amore mio, sei forte! Sei il bambino migliore che potessi avere!
Faccio il tifo per te, sempre!

Se anche tu mamma, tu papà senti di fare il tifo per loro, chiamami per far fronte a questo momento davvero duro e faticoso. Insieme possiamo trasformare quella necessità del fare in qualche cosa che potrà crescere nell’anima e nel tempo.

Patrizia Garneri,
counselor transpersonale, con amore di mamma, di donna e di cittadina…

 

Patrizia Garneri
Counselor transpersonale

 

foto free dal web

Strega comanda color ..

Tutta la casa è il nostro campo da gioco, anche se in genere si gioca all’aperto 🙂

La “strega” è il giocatore che dirige il gioco e ha l’obiettivo di catturare gli avversari.

Fate la conta per decidere chi sarà la prima Strega!

Il gioco inizia con la strega che dice ad alta voce: “strega comanda color… seguita dal nome di un colore (per esempio, strega comanda color melanzana).

Tutti i giocatori devono cercare un oggetto del colore scelto dalla strega per mettersi in salvo.

La strega deve catturare uno dei giocatori prima che trovi l’oggetto.

Il giocatore catturato diventa “strega” nel turno di gioco successivo.

Mandaci le foto del gioco e raccontaci la tua esperienza!

 

Foto prese dal web

Il castello di carte

Ci serve un tavolo e un mazzo o più mazzi di carte.

Si costruisce il castello così:

  • si fa una fila di triangoli con 2 carte
  • mettiamo tra una punta e l’altra una carta a collegare
  • costruiamo la seconda fila di triangoli sopra

e si va avanti cosi…

Vince chi fa il castello più alto senza far cadere tutto!

Armati di pazienza e fantasia e inviaci le tue foto!

Nomi, Cose, Città, Fiori, Animali

Ci serve un tavolo, penne, un foglio per persona e un foglio su cui scrivere l’alfabeto !

Ogni giocatore prende un foglio e disegna 6 colonne, scrivi sopra ogni colonna Nomi, Cose, Città, Fiori, Animali.Nell’ultima colonna segni il totale dei punti 🙂

Prima di iniziare si devono scrivere, in modo sparso, le lettere dell’alfabeto su un foglio e lo si mette al centro del tavolo.

Si fa la conta per chi inizia per primo.

Chi inizia, ad occhi chiusi mette a caso la sua penna sul foglio e sceglie una lettera.

Ecco si inizia.

Iniziate a scrivere in ogni colonna un nome, una cosa, una città, un fiore, un animale  che inizia con quella lettera.

Il primo che finisce grida: Finito! e gli altri devono buttare giù le penne.

Ogni parola giusta e unica 10 punti

Ogni parola giusta, ma scritta da più persone 5 punti

Parola non trovato o inventata 0 punti.

Mandaci una foto e dicci come è andata? Hai vinto :-)?

LARRY LA SCIMMIA GIRAMONDO

Salve!! Sono Larry un Rosebonbon.

Lo so è difficile comprendere in realtà cosa sono e vi dirò, semplicemente sono una scimmia; una scimmia un po’ fuori dal comune perché io amo viaggiare e adoro le avventure.

Le prime volte mi nascondevo dentro uno zainetto o le valigie, per potermi imbarcare e poi mi defilavo quando arrivavo a destinazione … poi ho conosciuto una famiglia che mi ha accolto a braccia aperte e da quel momento viaggio sempre con loro.

Che avventure!!!!

SEGUITEMI……SI PARTE!!!!!! … e alla fine scrivetemi o mandatemi un disegno del mio viaggio 🙂 giochiamo insieme!

 

PORTLAND BILL

Il faro della Cornovaglia

In Cornovaglia, nel sud della Cornovaglia nell’Isola di Portland c’è un faro che porta con sé una storia straordinaria e il suo nome è Portland Bill. Il mare davanti al faro è da sempre tanto pericoloso perché 3 miglia a sud-est c’è lo “Shambles”, il banco di sabbia e lo scontro tra le onde di mare in questo punto rende le acque costantemente turbolente. Molti furono i naufragi in questa parte di mare ma c’è anche un’altra storia che vi voglio raccontare.

C’era una volta un ragazzo di nome Harris che era molto prepotente, egoista e maleducato. Non conosceva l’amicizia perché riteneva che nessuno era degno di lui, come amico. Lui era il più bello, il più bravo, il migliore. Tutti avevano paura di lui perché una volta aveva picchiato un suo compagno solo perché gli aveva chiesto di condividere un pezzo di pane. Quelli erano tempi difficili, tempi in cui non era facile avere del buon cibo, solo chi era ricco poteva permettersi di mangiare sempre, ma Harris che aveva tutto il pane che voleva, era egoista e nessuno doveva permettersi di chiedergli nulla. Così tutti gli stavano alla larga ma lui era felice e non si rendeva conto di essere solo anzi, pensava di essere un Re. Un giorno divenne Capitano e incurante di tutto e di tutti decise di comprare una Nave “La rossa favolosa” e partire per terre sconosciute alla ricerca di ori, ricchezze ed onori. Viaggiò in terre dai colori caldi dove la terra era rossa e il sole d’oro, ma anche verso terre dai colori freddi dove il cielo era blu e le verdi foreste erano magiche piene di fiori viola e farfalle fosforescenti e in ogni terra dove aveva approdato, con la sua sfrontatezza, con la sua prepotenza aveva raccolto tutto quello che di più prezioso esisteva. Non aveva amici, ma era felice e si sentiva forte, non aveva bisogno di nessuno; proprio per questo decise di tornare in Cornovaglia, per far vedere a tutti il suo valore.  Arrivò 3 miglia a Sud-est dal promontorio di Portland quando la sua nave si imbattè nello “Shambles” e la nave si incagliò, nel frattempo il vento iniziò a soffiare sempre più forte fino a che le onde iniziarono a farsi sempre più alte e prepotenti. La Nave anche se era riuscita a disincagliarsi, stava imbarcando acqua, ma era impossibile riparare il danno. Provava a seguire la sua rotta, ma le onde non lasciavano scampo, erano troppo forti, alte, si scontravano pericolosamente e la notte stava arrivando. Fu allora che Harris decise di lasciare il timone per avventurarsi sulla prua in cerca di qualcosa che gli facesse capire dove andare, ma all’improvviso venne sbalzato in mare. Questo lo stava portando sempre più a fondo e solo allora capì di essere solo, di aver bisogno di qualcuno che lo aiutasse.

“Non si può far tutto da soli, a volte non è possibile”, mentre pensava a questo gli venne in mente quante volte le persone gli avevano chiesto aiuto e lui si era rifiutato con prepotenza. Il suo

cuore era duro come una pietra, ma ora se fosse tornato indietro avrebbe agito diversamente. Quando credeva che tutto fosse perduto, una sirena lo prese fra le braccia e lo portò in superficie dove il suo equipaggio riuscì a salvarlo. La Sirena sussurrò al suo orecchio: “Vedrai una luce che ti scalderà il cuore, seguila perché ti salverà”.

Riprese il timone e riuscì nella dura lotta contro le onde fino a che vide una luce che andava e veniva, era la Luce di cui parlava la Sirena, era la luce del faro di Portland Bill.

Il guardiano del faro riconobbe la “Rossa Favolosa” e ricordò il “Capitano” che una volta lo aveva picchiato solo perché gli aveva chiesto un pezzo di pane. Il guardiano del Faro però dimenticò immediatamente quell’episodio perché qualcuno aveva bisogno del suo aiuto. Con tenacia guidò “La rossa favolosa” che riuscì ad approdare portando in salvo il Capitano Harris e il suo equipaggio. Quella luce fu un vero miracolo per il Capitano e pensava che più la seguiva, più qualcosa nasceva dentro il suo cuore che ora non era più di pietra. Harris decise di condividere tutto il tesoro che aveva accumulato con le famiglie più povere di Portland, realizzò un parco giochi per i bambini e dedicò tutta la sua vita ad aiutare gli altri. Si mormora che ogni giorno fino alla sua morte Harris andava al faro per ascoltare il canto della Sirena che lo aveva salvato e per ringraziarla di avergli fatto conoscere l’altruismo, la generosità e l’amicizia.

Non è una storia interessante?

Se potete, visitate questo posto! E’ veramente magico!

Se ti siedi su una panchina ad ascoltare il mare puoi veramente sentire il canto della Sirena, io l’ho fatto e vi assicuro che si sente!!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Oggi questo faro non è più funzionante e in realtà negli anni ne  fu costruito un altro a supporto del portland Bill Lighthouse.

Anche questo fu insufficiente, il mare si portava via ancora vite e così vennero dismessi tutti e due ma ne fu costruito uno nella collina e tutt’oggi è ancora funzionante. Da lì si vede il mare e il meraviglioso Faro di Portland così importante nella storia che vi ho raccontato.

 

Leggere favole, fiabe o racconti era un rito nella giornata dei bambini, per addormentarsi, per allietare i lunghi pomeriggi di inverno, per passare del tempo insieme…

Le storie potevano essere già scritte o potevano essere inventate al momento.

Ogni favola, fiaba o racconto inizia con “C’era una volta…” e ora diciamo “C’erano una volta le favole”…

E’ importante recuperare questa tradizione, integrandola ad un buon cartone o anche ad un videogioco.

Raccontare una storia, una fiaba, non vuol dire impartire una morale o una lezione, ma stabilire una connessione totale e dedicata tra genitore e figlio.

Un momento di totale presenza e partecipazione che aiuta a rinforzare la relazione e la sicurezza nel bambino.

Leggere per il proprio figlio è una occasione per stare insieme ed è un buon strumento di relazione.

E’ importante che il momento della lettura sia qualcosa di piacevole sia per l’adulto sia per il bambino. Insomma, un invito allettante per entrambi, senza obbligo né fatica!

Inoltre leggere una favola, una fiaba o un racconto ad un bambino aiuta a ricontattare il bambino che siamo stati e questo agevola una connessione emozionale ed affettiva tra il bambino che ascolta e il nostro bambino interiore.

Questo vuol dire che l’adulto è in totale presenza. E’ proprio lì mentre legge ed è a completa disposizione del bambino. Userà ogni strumento: la voce, il movimento spontaneo del corpo, le espressioni del viso, degli oggetti…

Leggere ai bambini riporta l’adulto in contatto con il mondo fantastico in cui i bambini sono immersi, un mondo di simboli e immagini colorate e fantastiche.

Un mondo-balsamo che, attraverso il gioco delle parole e dell’immaginazione, diventerà occasione di mille e mille viaggi insieme, mano nella mano.

Oggi è domenica!

Nella mia memoria la parola Domenica è associata al pranzo in famiglia.

Uno dei piatti della domenica erano le tagliatelle fatte in casa con il sugo (sono toscana e il ragù non era una parola conosciuta :-)).

Oggi sono vegetariana e il sugo per me è solo pomodoro e le tagliatelle una versione modificata, ma ricordo quanto fosse divertente farle a mano con mia nonna Olga e il suo rasagnolo (eh no nemmeno la parola mattarello esisteva nella mia lingua 🙂).

Per questo ho pensato di raccontarvi come si fanno, in modo che possiate passare del tempo in famiglia con i vostri figli giocando insieme a:

LE TAGLIATELLE DI NONNA PINA

 

OCCORRENTE:

  1. buona musica di sottofondo che da energia buona al vostro cibo; (se la fate con i vostri bambini piccoli potete cantare prima ”le tagliatelle di nonna Pina” e mettere allegria nelle vostre mani e in quella dei vostri bimbi;
  2. braccia forti o disponibili – o una macchina stendipasta;
  3. un rasagnolo e una spianatoia (anche il tavolo o la superficie di cucina se è piana e liscia);
  4. panuccia (mhm qual è la parola italiana? grembiule? parannanza?)
  5. farina
  6. uova (nella versione non vegetariana)

DOSE

1 uovo

100 gr di farina

… decidete voi quante uova e quanta farina…..

 

PROCEDIMENTO

  1. Su un tagliere grande (una spianatoia o una superficie piana di cucina) facciamo una fontana con la farina e aggiungiamo al centro tutte le uova;
  2.  Aiutandoci con le mani o con una forchetta, prendiamo delle piccole quantità di farina e mescolandola a poco a poco con le uova.
  3.  Quando tutta la farina sarà stata assorbita dalle uova, cominciamo impastando con le mani, spingendo l’impasto verso l’esterno con i polsi.
  4.  Continuiamo ad impastare per circa 6-7 fino a quando non avremo ottenuto una palla omogenea, liscia, morbida e leggermente elastica. Se avete l’impastatrice, fatelo con l’impastatrice;
  5.  Una volta pronto, dividiamo l’impasto in due o tre parti. Strofiniamo con un filo di olio.Copriamo l’impasto e lasciamolo riposare a temperatura ambiente per 30-60 minuti.
  6.  Passato questo tempo procediamo a formare le tagliatelle.
  7.  Stendiamo ogni pezzo con il mattarello, partendo dal centro, fino ad ottenere una sfoglia dello spessore di 1-2 mm circa.
  8.  Lasciamo asciugare le sfoglie così ottenute per 20-30 minuti in modo da poterle piegare senza che si spezzino perché troppo secche o che si attacchino perché troppo fresche.
  9.  Avvolgiamo la sfoglia su sé stessa senza stringerla.
  10.  Con un coltello affilato, tagliamola senza schiacciarla facendo delle strisce larghe circa 6-8 mm.
  11.  Srotoliamole e disponiamole su un vassoio ad asciugare

NOTE

Una volta fatte seccare, le tagliatelle si possono congelare e consumare entro 3-4 mesi.

In questo caso vi consiglio di disporle su un vassoio e congelarle. Una volta congelate, riporle in porzioni negli appositi sacchetti.

 

TAGLIATELLE DELLA NONNA PINA VEGANA, VEGETARIANA 🙂

DOSE 4 persone:

400 gr di semola di grano duro

250 ml di acqua tiepida

6 gr di sale

PROCEDIMENTO Lo stesso come sopra.

 

Foto free dal web.

Occorrente:
una tovaglia
dei cuscini
tovaglioli
posate
bicchieri
frittelle
biglietto fatto da te con gli auguri per Papà

Apparecchiare in terra in una stanza dove c’è una finestra e si vede il cielo o entra la Luce”!

Cucinare le frittelle di San Giuseppe per festeggiare il Babbo (come lo chiamo io)

Ingredienti
La mia nonna Olga le faceva ad occhio e valutava pesi, consistenze …. una vera maga 🙂 io ho più o meno azzeccato le dosi 🙂

Latte 500 ML
Zucchero 2 cucchiai
Farina 2 cucchiai
Riso 150 g
(mia nonna conosceva solo un tipo di Riso, il Riso :-). Voi fatele con il riso che avete)
Uova 2
Scorza di limone
Scorza d’arancia
Lievito per dolci 1 bustina
Sale 1 pizzico
Zucchero quanto basta per ricoprire le frittelle
Olio di semi per friggere

Frittelle di riso vegan
Per rendere vegan queste frittelle di riso basterà farle senza uova e sostituire il latte vaccino con uno a scelta tra avena, soia, riso o nocciola (o altro preferito), utilizzare della margarina non idrogenata o due cucchiai di olio d’oliva (o altro preferito) e sostituire l’uovo con mezza banana o con 50 ml di yogurt.

Preparazione
Mettere in una pentola riso, latte, zucchero e un pizzico di sale.
Fate cuocere per una ventina di minuti,mescolando spesso specialmente alla fine.
Lasciare raffreddare quindi il riso completamente;

Mentre il riso si raffredda, separiamo le uova: i rossi dai bianchi.
Montiamo le chiare d’uovo a neve.

Se il riso è freddo, uniamo al riso i tuorli, le scorze grattugiate di limone e arancia.
Mescoliamo.
Alla fine aggiungiamo la farina e il lievito.
Mescoliamo molto bene con forza e aggiungiamo le chiare montate a neve facendole ben assorbire all’impasto.
Preparate le frittelle con le mani o con due cucchiai!
Prendiamo una padella con i bordi alti, versiamo l’olio – 2 dita – e friggiamo le frittelle. L’olio deve essere caldo ma non troppo bollente altrimenti le frittelle scuriscono subito senza essere cotte all’interno.
Man mano che le frittelle sono cotte le togliamo dall’olio e le appoggiamo sulla carta assorbente.
Finito di friggerle tutte e dopo che si sono ben scolate dall’olio passiamo le frittelle di San Giuseppe nello zucchero semolato.

Poi prendi un biglietto e scrivi “tanti auguri Papà!”
…. e mi raccomando mandami le foto del tuo PICNIC e delle tue frittelle

 

 

Foto:Pixabay

RACCONTI DI COLLAGE

Crea il collage e scrivi il tuo racconto

 

OCCORRENTE:

  1. Tutti i giornali e riviste che hai in casa;
  2. Colla;
  3. 1 foglio grande o un cartone di uno scatola o più fogli bianchi della stampante da unire insieme;
  4. Ogni giocatore sfoglia i giornali e scegli un personaggio o due, un luogo (paesaggio, stanza…) e altre cose che lo colpiscono dal giornale, strappa le pagine e ritaglia quello che ha scelto;
  5. Tutte le pagine e i pezzi fanno parte della storia;
  6. Fate una conta per chi inizia;
  7. Chi vince la conta inizia;
  8. Guarda tutto quello che hai, lasciati ispirare dai colori e dalle cose che hai scelto e inizia a raccontare il primo pezzo del racconto. Quando senti di aver finito scegli il giocatore successivo e così si continua per ogni giocatore…
  9. Quando tutti hanno parlato, si cerca una chiusura della storia insieme;
  10. Si prende un foglio grande, si compone il collage e si mette il titolo 🙂

 

NB: Se siete solo due, ogni giocatore crea due storie 🙂

 

Alla fine inviami la tua foto del collage e se ti ricordi registra la tua storia così possiamo farla ascoltare ad altri bambini da 0 a 99 anni 🙂

 

Collage di Serena Falasconi Oelker dal titolo “L’Amour”

1.2.3 stella

Ci serve un pò di spazio (tipo corridoio o salotto).

1 persona comanda, le altre si dispongono in fila dietro di lui un pò lontane. 

Il comandante, che si mette di spalle, comanda ad alta voce “1-2-3 stella” e si gira. 

Le persone mentre lui comanda devono spostarsi in avanti o fare un movimento senza farsi beccare! Se il comandante ti becca, sei squalificato :-). Vinci il comandante, arriva a toccare la parete da cui comanda 🙂

Divertiti a giocare, a provarne uno e fammi sapere com’è andata? … e se hai un gioco da suggerire, scrivimi

In questi giorni, ho pensato spesso a come trascorrere il tempo.
Medito, leggo un libro, preparo dei progetti, scendo in giardino.

Eh si! ho un piccolo giardino e mi sento tanto fortunata in questo periodo.

Proprio mentre stavo in giardino, con la faccia al sole per ricaricare le batterie, sentivo la mia piccola vicina di casa Maddalena suonare l’arpa, mi sono teletrasportata ai miei 7 anni.
Cosa facevo in giardino? a cosa giocavo quando non avevo wii, playstation, sala giochi, pc, mac … ?

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