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Immagine del redattoreSara Cattani

La voglia di voler aggiustare le situazioni (degli altri)

Alle volte capita che un amico ti racconti la sua storia. Ti racconta i suoi problemi, quello che sta passando, e tu, da quest'altra parte, sentendolo parlare ti rendi conto di alcune cose che lui potrebbe fare per stare meglio nella sua vita di tutti i giorni.


A me capita spesso, in casi del genere, di entrare in una sorta di reazione, che mi spinge in avanti verso quella persona e mi fa commentare alcune cose della sua vita, con l'intento di fargli notare e vedere altro rispetto al suo punto di vista.


In aggiunta a questo, ultimamente, mi capita anche altro... Sentirmi a disagio rispetto a questo modo di fare e di entrare in relazione.


Penso che ognuno di noi, in maniera diversa e unica, abbia l'istinto dentro che lo spinge a voler aggiustare ciò che, per la sua esperienza, non corrisponde al massimo potenziale della Vita.


Ognuno di noi sente di poter migliorare vari aspetti della propria vita, e il rispetto che dedichiamo a noi stessi nel farlo, è lo stesso rispetto che dedichiamo agli altri nel parlare o nello scegliere di stare in silenzio.


In questa cultura che va sempre più veloce, che tende a volere il massimo risultato con il minimo sforzo… ogni tanto si cade nella tentazione di voler aggiustare situazioni altrui, togliendo all’altro il potere di scegliere per sè.


(Che poi, si può voler “aggiustare” una situazione altrui, senza che questa, in un modo o nell’altro, risuoni con la nostra esperienza di quel determinato periodo della nostra vita?)


Ogni tanto ci viene richiesto di agire, altre volte ci viene richiesto di accogliere.


Ogni tanto, in una relazione, ci viene chiesto di ascoltare, altre volte ci viene chiesto un aiuto pratico.

In ogni relazione, ci sono livelli e livelli di richieste, sentimenti, immagini, e aspettative che entrano in campo.


Portandoci con i piedi a terra, lasciando che il respiro fluisca dai piedi al cuore, in che modo il pensiero può essere a servizio della realtà della relazione, e non a servizio della nostra volontà di aggiustare un altro essere umano (e quindi di essere vista, riconosciuta, apprezzata di conseguenza?)


In che modo, nella relazione con l’altro, possiamo rispettare il suo destino accogliendo pienamente i confini di quello che può essere (o in apparenza anche non essere) il nostro intervento?


Ogni persona porta con sè una bellissima storia di generazioni e generazioni di persone attraverso le quali è passata la Vita.


Tenendo questo nel cuore e nella mente è più semplice rispettare l’essenza della relazione e la realtà così come si manifesta con le sue richieste (di agire o di accogliere, che sento essere parte del maschile o del femminile che fanno parte di noi).


Partendo da questo, sento che è possibile mettere la mente e il pensiero a servizio del cuore e, di conseguenza, della relazione che in quel momento si sta manifestando in un determinato modo.


Questo, può avere una sua grande forza. Pura, essenziale, semplice e diretta.


Articolo a cura di Sara Cattani

Insegnante di Yoga e Meditazione, Operatrice Sistemico Familiare



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