Puoi spiegarmi cosa mi porta a credere che per stare in relazione, che sia lavoro, amicizia o altro, ci si debba sacrificare, portare pazienza, assecondare umori altalenanti e così via?
Da dove nasce questo caos e, ancora meglio, come posso uscire da questa dinamica confusa?
Max, parte spesso da una spiegazione che accontenta prima la parte destra del mio cervello, quella razionale, per poi accompagnarmi all’ascolto delle intuizioni e delle verità che vengono da dentro.
È una modalità efficace che mi permette di comprendere l’importanza di un processo che è il cambiamento, la crescita, l’evoluzione o semplicemente prendere Coscienza delle cose che hanno senso per me.
Aiuta avere la conferma che è giusto sentirsi a disagio quando frequentiamo ancora vecchie abitudini e nel contempo ci sforziamo di introdurne delle nuove.
“È come quando vuoi infilare una nuova poltrona in un piccolo salotto, ma ancora non hai buttato quella vecchia sei in un processo dove cerchi di incastrare due elementi in uno spazio ridotto”.
Incredibile il parallelismo!
Nella mia professione di architetto è esattamente quello che chiedo costantemente al mio cliente: per accogliere il nuovo è necessario fare spazio, ringraziando e lasciando andare il vecchio, che ora non è più utile!
Quindi questo vale anche per le abitudini: per poter familiarizzare con una nuova abitudine, è prioritario dismettere quelle non più utili. Può aiutare sapere che certi schemi potremmo averli ereditati e frequentati per anni. Esempio di uno schema familiare per me:“Non è il momento, aspetta ancora, porta pazienza!”
“Essere fuori posto sistemico (*) ti porta a cercare il consenso fuori da te. Spesso, quando si è piccoli e con poche risorse ed esperienze, dover svolgere compiti da grandi e non avendo una chiara percezione della validità del risultato, si sviluppa una certa tendenza a cercare le risposte fuori da noi, dai nostri grandi appunto e poi pian piano anche da altri elementi del contesto. Nella mia esperienza, il risultato è ciò che ti corrisponde, non sentirti dire BRAVA!
Quando non mi ascolto, dimentico me, non rispetto il mio sentire e facilmente mi ritrovo a non rispettare neppure l’altro.
La mancanza di rispetto si manifesta come possibile risultato del dimenticarsi si sè.
Faccio caso all’effetto che queste parole hanno nel mio corpo. Più spesso è la mente che tiene il controllo e sono i pensieri a guidare le mie azioni.
Arriva uno sbuffo, Max mi fa notare che sembro stanca.
In effetti è incredibile, sono anni che mi sono state svelate buone abitudini che mi rendono disponibile a ricevere nuovi e sani atteggiamenti. Tuttavia non basta sapere!
È necessario esercitare costantemente: solo la pratica affina la capacità di rimanere in ascolto di me.
“Comprendere è molto diverso dal capire”, sottolinea Max.
Imparare ad ascoltare le verità che mi vengono da dentro, sospendere il giudizio con il mondo esterno, fidarmi del mio corpo, poiché riconosce, in ogni istante, cosa è meglio per me.
Come posso fare qualcosa di pratico per ricordare?
Max mi rammenta uno splendido esercizio da fare per licenziare le mie vecchie abitudini:
Dallo spazio del cuore, invitale e ringraziale, fai un inchino, dichiara che sono state importanti per te, che hanno un gran posto nel tuo cuore, ti hanno permesso di arrivare fin qui, ora hai altre sfide da affrontare, hai bisogno di altri modi di agire e di relazionarti. Tu e il tuo sistema avete il bisogno di seguire l’evoluzione che siamo e migliori compagnie da frequentare; non escluderle ma accompagnale, gentilmente, ai margini dei tuoi confini abitudinali e relazionali, fuori dalla porta. […] Lascia fare al corpo ciò che la testa ancora non sa, sospendi, se puoi, l’energia che dedichi a confrontare e dedurre fuori da te, con il resto del mondo e valorizza gli strumenti che hai. [...] Rimani con quel sorriso, attrae bellezza, gioia, entusiasmo e disponibilità. Ricorda che l’accoglienza è un passo fondamentale della trasformazione.
Grazie Max! Grazie! (*) fuori posto sistemico è colui che cerca di comportarsi da “grande” essendo “piccolo” (i.e.: un figlio a cui viene accordata la possibilità di elevarsi a ruolo di genitore, intromettendosi in questioni che riguardano i suoi “grandi”)
Riflessione Scritta da Cristina Farina, architetto, professionista olistico, parentAbiliter.
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